Nel corso degli ultimi anni l’investimento in diamanti ha assorbito una crescente attenzione da parte dei piccoli e grandi risparmiatori di tutto il mondo.

Ma per quale motivo investire in diamanti può rivelarsi una scelta conveniente? E quali sono le caratteristiche di un simile impiego? Se volete saperne di più (ma molto di più!) sul trading dei diamanti, vi consigliamo di continuare a leggere: nelle prossime righe troverete infatti una guida completa all’investimento in diamanti. Pronti?

Come investire in diamanti e cosa sono?

Per capire che cosa siano i diamanti, cominciamo dall’origine del loro nome.

Diamante deriva infatti dal greco “adamas”, ovvero “indomabile”. Un riferimento presunto alla sua durezza: il diamante è infatti la sostanza più dura al mondo, con un livello di durezza che è 140 volte superiore al secondo elemento più duro al mondo, il corindone.

Si tratta altresì di un investimento molto antico: il diamante è infatti conosciuto da più di 2.400 anni, quando erano già note le sue proprietà, e quando era già in uso realizzare degli scambi commerciali di questa gemma evidentemente molto rara.

Per quanto attiene la sua genesi, il diamante è un minerale che è composto principalmente da carbonio, cristallizzato ad altissime temperature e pressioni, ad una profondità di circa 150-200 km. Viene dunque estratto principalmente in cave piuttosto profonde da rocce chiamate “kimberliti”: il riferimento e alla località di Kimberley (Sud Africa), dove tali rocce furono rinvenute per la prima volta.

Chi può investire in diamanti?

Il primo tassello che vi consigliamo di fissare è che, oggi giorno, chiunque può investire in diamanti. Il taglio minimo dell’investimento in diamanti (sia “fisici” che di “carta” finanziaria) è infatti molto basso, e – come vedremo – la qualità di “bene rifugio” la rende una scelta adatta anche a coloro che hanno un basso livello di propensione al rischio, e un orizzonte temporale non esteso.

Proprio per i motivi appena espressi, l’investimento in diamanti potrebbe ad esempio riferirsi principalmente all’investitore di lungo termine, più cauto e paziente, che cerca un apprezzamento graduale dei suoi investimenti, rinunciando a un potenziale rendimento aggiuntivo a vantaggio di una minore volatilità.

In altri termini, così come avviene per altri beni preziosi, anche i diamanti sono l’ideale per chi cerca un investimento che può rivalutarsi nel tempo, e può essere tramandato di generazione in generazione.

Che investimento è l’investimento in diamanti?

Dalle righe di cui sopra dovrebbe essere sufficientemente chiaro che l’investimento in diamanti è un investimento di medio lungo termine, con una durata di almeno 4-5 anni.

Si tratta dunque di un investimento sostanzialmente molto sicuro: i diamanti sono beni reali, relativamente scarsi. È anche un investimento “intelligente”, se ben inquadrato all’interno del proprio portafoglio: i diamanti non sono soggetti a tassazione e non necessitano di particolari requisiti.

Al di là dell’IVA all’acquisto, infatti, i diamanti non saranno tassati al momento dell’eventuale guadagno (plusvalenza) nell’ipotesi della rivendita dei diamanti.

Non vi sono inoltre pagamenti di bolli o costi di gestione o di entrata. Si deve tuttavia tenere conto della necessità di pagare un intermediario, la cui remunerazione è proporzionale al controvalore del proprio investimento.

Per quanto invece concerne il confronto tra l’investimento in diamanti e altre forme di impiego, è bene ricordare che l’acquisto “fisico” di diamanti finanziari / certificati è scarsamente comparabile, visto e considerato che il loro livello di liquidità è notevolmente inferiore (è ben più difficile rivenderli prontamente, come invece potrebbe avvenire con un’azione o un’obbligazione).

A ciò si aggiunga il fatto che l’investimento in diamanti, pur valutabile come un impiego in beni rifugio, ha una difficile prevedibilità per quanto concerne la rivalutazione nel tempo (così come peraltro avviene con le altre materie prime e con le azioni).

A rendere più complessa la valutazione, è tuttavia la mancanza di un fixing, ovvero di un prezzo ufficiale, che è invece presente per altri metalli preziosi come invece l’argento o l’oro.

Inoltre, la certificazione delle pietre viene affidata a istituti generalmente privati, con potenziali difformità tra le valutazioni tra le varie agenzie internazionali di valutazione. Insomma, un investimento potenzialmente molto conveniente e sicuro, che deve tuttavia esser ponderato con particolare specificità.

Come se quanto sopra non fosse già sufficiente per poter valutare con attenzione un investimento in diamanti, bisogna tenere in valutazione ancora qualche altro elemento.

Il primo, molto importante, è relativo al rischio di cambio: come tutte le principali materie prime, infatti, anche i diamanti sono generalmente “quotati” (il virgolettato è d’obbligo, considerando che non vi è una vera e propria quotazione, bensì dei meri prezzi di riferimento) in dollari.

Dunque, anche se l’investimento in diamanti dovesse aver fornito degli ottimi responsi, ma nel contempo il dollaro si è deprezzato nei confronti dell’euro, il saldo dell’impiego potrebbe non essere così soddisfacente, poiché il rischio di cambio avrà eroso il margine di redditività.

Tenete altresì in valutazione che nell’acquisto di un diamante (ne parleremo tra qualche paragrafo) bisognerà considerare alcuni elementi di ponderazione come, ad esempio, il peso.

Sebbene non sia possibile trarre delle regole generali in questo settore, più un diamante ha peso, e più il suo valore sarà più che proporzionalmente maggiore (in altri termini, un diamante da 2 carati vale molto di più rispetto a due diamanti da 1 carato).

Considerato ciò, i diamanti non vengono venduti “a peso”, ma ogni pezzo avrà un suo valore specifico, peraltro in grado di evolversi in maniera differente da peso a peso. I diamanti piccoli sono generalmente più facili da rivendere, ma hanno altresì prestazioni di solito inferiori a quelli più grandi. I diamanti più grossi hanno invece rese più elevate, ma sono più difficili da piazzare.

Quanto investire in diamanti?

Come abbiamo più volte ricordato, anche su queste pagine, il proprio portafoglio finanziario dovrebbe essere costruito “su misura” delle vostre caratteristiche di investitore, alla ricerca di una migliore diversificazione (ovvero, di una minore correlazione tra i vari asset contenuti all’interno del portafoglio stesso).

Introdotto ciò, l’investimento in diamanti è un investimento ritenuto relativamente molto sicuro, e pertanto in grado di poter costituire una buona parte (pur minoritaria) dei propri asset.

A seconda degli altri asset inseriti in portafoglio, l’investimento in diamanti potrebbe rappresentare una quota tra il 2% e il 10% del proprio patrimonio destinato al trading: la percentuale può variare significativamente, pertanto, assumete come mero riferimento le proporzioni di cui sopra.

Quali diamanti acquistare?

Se avete optato per un investimento fisicoin diamanti, sarebbe opportuno cercare di comprendere quale gemma andare ad acquistare, tenendo conto che l’investimento più conveniente (anche in vista di una futura dismissione) è certamente quello relativo ai diamanti certificati, ovvero ai diamanti che vengono sottoposti ad un’accurata analisi gemmologica, in seguito alla quale gli viene assegnata un’esatta qualificazione e un determinato valore commerciale.

I diamanti certificati, chiamati anche come “diamanti finanziari“, sono delle gemme dotate di apposito certificato rilasciato dai principali istituti gemmologici italiani o internazionali, come – tra i più noti – l’Istituto Gemmologico Italiano, l’Istituto Internazionale Gemmologico, l’Istituto Gemmologico Americano.

Dalla lettura dell’analisi specifica sul vostro diamante da investimento, vi renderete conto come l’osservazione sia effettuata principalmente sulla base delle note “4C” che contraddistinguono la bontà di un diamante: la gemma sarà così ponderata sulla base del colour (colore), clariy (purezza), cut (taglio) e carat (peso).

Per quanto concerne la preferenza, sebbene sia un tema difficilmente sintetizzabile in queste poche righe, è preferibil puntare su pietre che abbiano carature tra 0,5 e 1,5, con colore da D ad H, purezza da IF a VS, taglio da “very good” in su. Ad ogni modo, se volete saperne un pò di più, non vi resta che leggere oltre.

Colore. Cominciamo dal colore, uno degli aspetti più apprezzabili anche dai meno esperti. Contrariamente a quel che pensano molte persone, infatti, i diamanti non sono solamente trasparenti, ma possono assumere molte tonalità.

Le gemme più pure sono comunque quelle incolori, totalmente trasparenti. Da quanto sopra ne deriva che la presenza di un colore all’interno di una gemma di diamante viene considerato come una sorta di impurità, poiché significa che altri materiali oltre agli atomi di carbonio sono presenti all’interno della gemma, influenzandola con il loro colore.

Attenzione, però: il fatto che il diamante sia colorato non significa certamente che non abbia valore, o che non possa avere un valore (potenzialmente) uguale o maggiore del diamante tendenzialmente trasparente. Esistono infatti dei colori particolarmente rari, come il verde. Più comuni sono i diamanti che tendono al giallo, colorazione dovuta alla sostituzione di atomi di carbonio con degli atomi di azoto.

Purezza. Insieme al colore, anche la purezza viene ritenuta un requisito fondamentale per un buon diamante. La c.d. “clarity” è determinata dal grado di imperfezione che ha il diamante, e viene valutata in una scala in cui il picco sarà rappresentato dal diamante puro (contraddistinto con la lettera F), ovvero con una gemma completamente trasparente. Questa è la scala di valutazione internazionale dei diamanti:

  • F (Flawless): è il diamante più puro, interamente trasparente sia dentro che fuori, fino a 10 ingradimenti.
  • IF (Internally flawless): è un diamante con nessuna caratteristica interna rilevata fino a 10 ingrandimenti, mentre potrebbero rivelarsi alcune caratteristiche esterne.
  • VVSI 1 – VVSI 2 (Very very slightly included): è un diamante con piccolissime inclusioni, particolarmente difficili da individuare fino a 10 ingrandimenti.
  • VSI 1- VSI 2 (Very slightly included): è un diamante con piccolissime inclusioni, visibili a 10 ingrandimenti.
  • SI 1 – SI 2 (Slightly included): è un diamante con piccole inclusioni, visibili fino a 10 ingrandimenti.
  • I1 (Included 1): è un diamante con inclusioni visibili a occhio nudo, ma con qualche difficoltà per gli occhi meno esperti.
  • I2 (Included 2): è un diamante con inclusioni visibili a occhio nudo.
  • I3 (Included 3): è un diamante con inclusioni ben evidenti e visibili a occhio nudo.

Come intuibile, un diamante appartenete a due diverse classi è suscettibile di una valutazione significativamente differente. Meglio pertanto cercare di optare sempre per le classi più opportune e pure.

Peso. Il terzo elemento che influenza la bontà di un diamante è il peso, o caratura.

Si tratta di un aspetto che spesso gli investitori in diamanti, alle prime armi, tendono a sottovalutare. In realtà si tratta di una caratteristica fondamentale, che sarebbe bene cercare di valutare e apprezzare nella dovuta consapevolezza.

In particolare, la caratura di un diamante è rappresentata dal suo peso effettivo, tenendo in considerazione che un carato corrisponde a 0,2 grammi, e che pertanto il diamante che pesa un grammo avrà dunque 5 carati.

Inoltre, per una migliore misurazione, i carati possono essere suddivisi in grani, pari a 1/100 di carato o, se preferite, a 1/20 di un grammo.

Taglio. Il taglio della pietra del diamante è l’ultimo criterio che determina il valore di una pietra.

Nonostante i tagli del diamante siano numerosi, i più comuni, e in grado di rappresentare la grande maggioranza dei tagli in circolazione, sono tre:

  1. il taglio ottimo, che è il taglio senza alcuna imperfezione e impurezze, con brillantezza eccezionale;
  2. il taglio buone, con poche impurità e una discreta brillantezza;
  3. il taglio povero, in cui è possibile riscontrare diversi difetti.

Al di là di queste tre principali macro-classi di taglio, è comunque possibile individuare un maggior livello di dettaglio intermedio.

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