Le borse europee hanno aperto in ribasso giovedì, condizionate dai crescenti timori legati alla crisi in Medio Oriente e dall’incertezza che precede le nuove decisioni delle banche centrali.

I mercati si muovono con cautela, mentre si intensificano le speculazioni su un possibile coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nel conflitto tra Israele e Iran.
Alle prime ore del mattino, il DAX tedesco e il CAC 40 francese hanno segnato un calo dello 0,7%, mentre il FTSE 100 britannico ha perso lo 0,4%, riflettendo un clima generale di prudenza da parte degli investitori.
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Indice
Cresce la tensione in Medio Oriente: gli USA interverranno?
L’inasprirsi dello scontro tra Israele e Iran, con attacchi aerei reciproci, sta alimentando un clima di forte incertezza. A far aumentare la pressione è la possibilità che Washington possa decidere di partecipare attivamente ai bombardamenti israeliani contro obiettivi strategici iraniani, tra cui strutture nucleari e missilistiche.
A rafforzare questi timori sono state le dichiarazioni ambigue dell’ex presidente Donald Trump, che ha risposto evasivamente sull’eventualità di un’azione militare, affermando: “Potrei farlo. Potrei non farlo. Nessuno sa cosa farò.”
Secondo fonti riportate da Bloomberg, alti funzionari americani starebbero valutando un possibile attacco già nel fine settimana, anche se la situazione resta altamente instabile e priva di conferme ufficiali.
Nel frattempo, la guida suprema dell’Iran, Ayatollah Ali Khamenei, ha rispedito al mittente qualsiasi ipotesi di resa. In un discorso televisivo, ha ribadito che “qualsiasi intervento militare da parte degli Stati Uniti porterà a danni irreparabili.”
L’Iran continua a sostenere che il proprio programma nucleare ha finalità pacifiche, ma l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha recentemente denunciato una violazione degli impegni di non proliferazione, la prima in vent’anni.
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La Federal Reserve resta cauta, ora occhi puntati sull’Europa
La Federal Reserve ha mantenuto invariati i tassi d’interesse tra 4,25% e 4,5%, come ampiamente previsto. Il presidente Jerome Powell ha ribadito una linea prudente, sottolineando che eventuali tagli ai tassi saranno valutati con attenzione anche alla luce delle pressioni inflazionistiche derivanti dai dazi commerciali voluti da Trump.
Le previsioni della Fed continuano a indicare due tagli nel 2025, ma le stime per il 2026 sono state riviste al ribasso.
Con i mercati americani chiusi per la festività del Juneteenth, l’attenzione si sposta ora sull’Europa, dove sono attese decisioni di politica monetaria da parte di tre importanti istituti: Banca d’Inghilterra, Banca Nazionale Svizzera e Norges Bank (Norvegia).
In particolare:
- BoE (Banca d’Inghilterra): dovrebbe lasciare i tassi invariati, ma i mercati analizzeranno con attenzione i voti del comitato e i segnali sulle prossime mosse. Un taglio è previsto ad agosto da molti analisti.
- SNB (Svizzera): potrebbe ridurre i tassi, con la possibilità di tornare in territorio negativo.
- Norges Bank: dovrebbe mantenere una posizione stabile senza variazioni.
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Poche notizie aziendali: cambio al vertice in Vodafone
In una giornata povera di dati macroeconomici e trimestrali rilevanti, a fare notizia è stata Vodafone, che ha annunciato la nomina di Pilar López, dirigente proveniente da Microsoft, come nuova Chief Financial Officer a partire dal 1° ottobre. Succederà a Luka Mucic, in uscita dall’azienda.
Intanto, Frasers Group ha comunicato di non voler procedere con l’acquisizione di Revolution Beauty, rinunciando ufficialmente a qualsiasi offerta per il marchio britannico di cosmetici.
Petrolio in rialzo: rischio escalation fa salire i prezzi
I prezzi del petrolio sono in aumento, con gli investitori che valutano le implicazioni di un eventuale intervento militare diretto degli Stati Uniti nel conflitto mediorientale.
Alle 07:15 GMT, le quotazioni sono così aggiornate:
- Brent: +1%, a 77,47 dollari al barile
- WTI (West Texas Intermediate): +1,1%, a 74,31 dollari al barile
L’espansione del conflitto metterebbe a rischio le infrastrutture energetiche dell’area, aumentando le probabilità di interruzioni nell’approvvigionamento.
Secondo Goldman Sachs, un premio di rischio geopolitico di 10 dollari al barile sarebbe giustificato, vista la riduzione dell’offerta iraniana. In uno scenario di ulteriore escalation, il prezzo del Brent potrebbe superare i 90 dollari al barile.
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