L’Unione Europea procede ancora a rilento nel tentativo di convincere i risparmiatori ad abbandonare il contante e puntare sugli investimenti. A dieci anni dall’avvio dell’ambizioso progetto di Unione dei Mercati dei Capitali, Bruxelles non è ancora riuscita a definire un quadro stabile e condiviso che indirizzi i flussi finanziari verso le imprese europee invece che verso gli Stati Uniti. Il risultato è che diversi Paesi del blocco stanno iniziando a muoversi in modo autonomo, esasperati dalla lentezza decisionale comunitaria.

Un edificio storico con il simbolo dell'europa in alto. In sovrimpressione alcune banconote in euro e dollari
L’Europa e il contante – MeteoFinanza.com

Secondo il rapporto redatto nel 2024, circa 300 miliardi di euro l’anno escono dai confini dell’UE per essere investiti oltreoceano. Enrico Letta, nominato per analizzare le criticità del mercato, ha definito questo fenomeno “una forma di suicidio collettivo”, sottolineando come la frammentazione normativa stia indebolendo la competitività dell’Europa.

Nonostante dal 2015 siano state presentate più di sessanta proposte legislative, l’integrazione finanziaria rimane ostaggio di interessi nazionali, tecnicismi complessi e continui cambi di priorità politica. Un’analisi della Banca Centrale Europea pubblicata a maggio conferma come la riforma proceda molto più lentamente del previsto, mentre un nuovo pacchetto di misure è atteso nelle prossime ore.

Nel frattempo, la distanza tra Europa e Stati Uniti sul comportamento dei risparmiatori continua ad ampliarsi. Le famiglie europee hanno aumentato del 15 percento le somme detenute in contanti o nei depositi bancari, arrivando a una montagna di 12.100 miliardi di euro, pari a circa il 30 percento del patrimonio totale. Negli Stati Uniti la quota di liquidità si ferma appena all’11 percento.
In Germania la propensione alla liquidità è ancora più marcata: oltre il 40 percento del portafoglio finanziario delle famiglie è parcheggiato su conti correnti, mentre solo il 12 percento è investito in titoli azionari.

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Un marchio comune per orientare i risparmi: nasce l’idea di “Finance Europe”

Per tentare di invertire la tendenza, sette Stati membri guidati dalla Spagna hanno avviato un progetto pilota che mira alla creazione del marchio “Finance Europe”, un’etichetta pensata per aiutare i cittadini a individuare facilmente i prodotti finanziari che sostengono direttamente le aziende dell’Unione.

Una volta selezionati gli strumenti idonei, i governi coinvolti valuteranno se sia necessario modificare le norme esistenti e consulteranno gli operatori del settore per comprendere l’effettivo interesse del mercato. L’iniziativa procede però più lentamente del previsto, anche se la Spagna potrebbe fornire aggiornamenti concreti nel 2026.

Parallelamente, diversi centri studi di Italia, Francia, Germania e Spagna stanno promuovendo l’estensione a livello europeo del modello dei Piani Individuali di Risparmio italiani (PIR), introdotti nel 2017 e capaci di raccogliere 21 miliardi di euro nei primi cinque anni. La proposta prevede di sostituire l’obbligo attuale di investire il 70 percento in imprese nazionali con un requisito analogo su scala UE, mantenendo una piccola quota riservata alle economie domestiche.


L’Europa prepara la nuova “Unione del Risparmio e degli Investimenti”

Per recuperare terreno rispetto a Stati Uniti e Cina, Bruxelles si prepara a presentare un pacchetto legislativo dedicato all’avanzamento della nuova Unione del Risparmio e degli Investimenti (SIU). Secondo indiscrezioni, il progetto includerà:

  • un rafforzamento dei poteri dell’Esma, l’autorità europea dei mercati finanziari
  • interventi per eliminare gli ostacoli transfrontalieri che limitano la libera operatività dei gestori patrimoniali
  • misure per semplificare le strutture di mercato e favorire maggiore armonizzazione normativa

Secondo Jan van Ewijk, senior policy advisor dell’Autorità olandese per i mercati finanziari, la SIU è un’evoluzione della strategia per gli investimenti retail varata nel 2020, ma nel frattempo superata dagli eventi. Oggi l’accento è posto soprattutto sulla semplificazione, sulla riduzione dei costi e sulla necessità di recuperare la fiducia dei cittadini.


La prudenza eccessiva costa cara alle famiglie europee

La riluttanza verso il mercato finanziario sta penalizzando il patrimonio delle famiglie. Un recente studio guidato da Mario Draghi mostra che tra il 2009 e il 2023 la ricchezza netta degli europei è aumentata del 55 percento, mentre negli Stati Uniti la crescita è stata quasi tripla.
La causa principale è il rendimento quasi nullo dei conti correnti: a settembre il tasso medio nell’area euro era appena dello 0,25 percento, e anche i depositi vincolati raggiungevano solo l’1,78 percento, comunque sotto il tasso d’inflazione del 2,2 percento.

Il presidente dell’Eba José Manuel Campa ha ribadito la necessità di un’accelerazione nell’attuazione delle misure proposte, mentre Enrico Letta ha avvertito che la nuova Unione del Risparmio fallirà se resterà un tema confinato agli esperti.

Gli operatori del settore, come la società di gestione Anthilia Sgr, accolgono positivamente l’idea di conti di risparmio agevolati e nuovi incentivi fiscali, ma avvertono: senza un impegno concreto dei singoli Stati, molte iniziative rischiano di restare solo sulla carta.

A pesare è anche un elemento spesso ignorato: la mancanza di fiducia. Casper Rutting, supervisore dell’Autorità olandese dei mercati finanziari, evidenzia che problemi come consulenze poco trasparenti o commissioni elevate alimentano diffidenza e rinuncia all’investimento.

Una diffidenza che emerge chiaramente anche nelle parole di molti risparmiatori europei. Renzo Le Pera, pensionato italiano, sintetizza perfettamente il clima:
«Per investire i risparmi di una vita servono competenze vere o la certezza di affidarsi a qualcuno di totalmente affidabile. Io non possiedo né l’una né l’altra. La banca spesso non risponde, ma trova sempre il tempo per propormi prodotti costosi. Non sarò un esperto, ma certamente non sono ingenuo».

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