In un contesto finanziario globale ancora scosso dalle crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente e dall’instabilità politica in Occidente, Piazza Affari apre la giornata con un andamento incerto.

Due serbatoi, uno con il logo di Eni e uno con quello di Petronas. Sullo sfondo trivelle del petrolio
Accordo Eni – Petronas

Tuttavia, i titoli legati al settore energetico dimostrano una notevole capacità di tenuta, sostenuti dall’aumento delle quotazioni petrolifere. Il Brent si stabilizza a 73,75 dollari al barile, mentre il WTI si mantiene sopra quota 70 dollari, rafforzando l’interesse degli investitori nei confronti delle grandi compagnie oil & gas.

Tra le protagoniste della seduta spicca Eni, che insieme a Saipem, Stellantis e Tenaris riesce a contrastare il trend ribassista del FTSE MIB. Il rialzo del titolo Eni è stato spinto anche da una notizia di rilievo: la firma di un accordo quadro strategico con Petronas per creare una nuova joint venture attiva in Indonesia e Malesia.

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Una nuova joint venture per Eni e Petronas nel Sud-Est asiatico

Il nuovo accordo tra Eni e Petronas pone le basi per la costituzione di una società con partecipazione paritetica al 50%, che avrà il compito di gestire congiuntamente una serie di asset energetici in Asia.

Il progetto nasce da un memorandum d’intesa esclusivo siglato recentemente tra le due major del settore, e prevede la formazione di un’entità finanziariamente indipendente, allineata al modello operativo “satellite” già adottato da Eni in Norvegia (Var Energy) e Angola (Azule Energy).

  • Partecipazione paritaria 50:50 tra Eni e Petronas
  • Gestione congiunta di asset in Indonesia e Malesia
  • Entità finanziaria autonoma e indipendente
  • Allineamento al modello “satellite” già sperimentato con successo

Il nuovo soggetto industriale disporrà di una capacità produttiva iniziale di 500.000 barili equivalenti al giorno, in gran parte composta da gas naturale, e potrà contare su riserve già accertate per circa 3 miliardi di barili equivalenti, con un potenziale di esplorazione stimato fino a 10 miliardi di boe.

Secondo quanto dichiarato da Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, la collaborazione non solo valorizza il patrimonio energetico delle due nazioni asiatiche, ma rappresenta anche un esempio virtuoso di integrazione industriale e cooperazione internazionale.

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Descalzi ha inoltre sottolineato come questa nuova entità avrà un impatto concreto a livello locale, contribuendo allo sviluppo energetico e infrastrutturale di Indonesia e Malesia, e portando anche benefici occupazionali. In più, sarà possibile valorizzare ulteriormente un portafoglio esplorativo stimato in 1.400 miliardi di metri cubi di gas a basso rischio.

La firma degli accordi definitivi è attesa entro la fine del quarto trimestre 2025, al termine della fase di due diligence in corso.

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Petrolio: rialzi spinti da tensioni geopolitiche e strategie energetiche globali

I mercati energetici continuano a reagire con volatilità agli eventi internazionali. Dopo una breve fase di stabilità, i prezzi del petrolio hanno ripreso a salire in seguito al rifiuto da parte di Donald Trump di aderire alla linea europea sulle sanzioni contro il petrolio russo, e all’escalation militare tra Israele e Iran, che ha infiammato nuovamente i timori sugli approvvigionamenti globali.

In pochi giorni, le quotazioni del petrolio sono passate da circa 60 dollari a barile fino a toccare i 70 dollari, mentre gli analisti di Goldman Sachs hanno rivisto al rialzo le proprie previsioni, stimando per il Brent un possibile picco di 90 dollari nel corso dell’anno.

In scenari più gravi, caratterizzati da interruzioni nelle rotte di trasporto attraverso lo Stretto di Hormuz, le stime indicano persino il superamento della soglia psicologica dei 100 dollari.

  • Brent previsto a 90 dollari nel 2025 secondo Goldman
  • Possibile picco sopra i 100 dollari in caso di interruzioni logistiche
  • Stretto di Hormuz punto critico per la sicurezza energetica globale

Lo scenario di base delineato da Goldman prevede un’interruzione temporanea delle esportazioni iraniane, pari a 1,75 milioni di barili giornalieri per sei mesi, parzialmente compensata dalla capacità produttiva aggiuntiva dell’OPEC+.

In questo caso, i prezzi potrebbero raggiungere i 90 dollari prima di rientrare verso i 60 nel 2026, a fronte di una normalizzazione del mercato. Tuttavia, la banca d’affari ha mantenuto una previsione prudente per fine anno a 59 dollari, puntando sulla crescita dell’offerta da altri Paesi produttori, in particolare al di fuori degli Stati Uniti.

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