In un contesto globale di crescente instabilità economica, l’oro torna al centro della scena come rifugio privilegiato degli investitori. Questa mattina il prezzo spot dell’oro ha infranto un nuovo record, toccando 4.242 USD per oncia, alimentato dalle rinnovate tensioni commerciali USA-Cina e dalle attese su futuri tagli dei tassi da parte della Federal Reserve.

Anche l’argento ha beneficiato del clima favorevole: dopo un rialzo superiore al 3 %, si è avvicinato ai 53 USD per oncia. Intanto i rendimenti dei Treasury USA si sono attestati ai minimi mensili, aumentando l’attrattiva degli asset non fruttiferi.
Tra i sostenitori dell’oro figura anche il CEO di JPMorgan, Jamie Dimon, che pur restando cauto riconosce la legittimità di detenere il metallo giallo in portafoglio.
Indice
Trump, Cina e politica monetaria: trio che alimenta il rally
Il recente riaccendersi dello scontro tariffario tra Stati Uniti e Cina ha scatenato l’ondata di domanda per gli asset sicuri. Il presidente Trump ha definito in termini bellicosi la relazione commerciale col gigante asiatico, ventilando la possibilità di dazi fino al 100 % sulle importazioni cinesi — un passo che ha riacceso le preoccupazioni degli investitori per le implicazioni globali.
Parallelamente, gli operatori sono convinti che la Fed, guidata dal presidente Jerome Powell, effettuerà almeno due tagli dei tassi entro fine anno. Un costo del denaro più contenuto tende a favorire asset come l’oro, che non produce interessi ma beneficia del contesto finanziario espansivo.
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Fattori paralleli: debasement trade e acquisti delle banche centrali
Un elemento spesso trascurato è il cosiddetto “debasement trade”: investitori che abbandonano debito sovrano e valute percepite come instabili verso asset tangibili come l’oro. Questa strategia può accentuare gli afflussi verso il metallo nei momenti di crisi fiscale o monetaria.
E non va dimenticato il ruolo delle banche centrali: nel 2025 le acquisizioni ufficiali di oro sono aumentate di circa il 60 %, spingendo la domanda istituzionale e consolidando il rally.
Il risultato? Nel corso dell’anno l’oro è tra le commodity più performanti, con un incremento del 55 %, mentre l’argento ha messo a segno un +80 %.
Gli analisti di ANZ Group Holdings, Soni Kumari e Daniel Hynes, hanno definito il trend come un “rally straordinario” senza segnali di cedimento. Hanno rivisto le previsioni al rialzo, stimando un prezzo a fine 2025 vicino a 4.400 USD/oz e un picco possibile a 4.600 USD per oncia entro giugno prossimo.
Secondo loro, molteplici incognite — dall’indipendenza della Fed al debito pubblico incontrollato — continueranno a rafforzare la domanda strategica per l’oro: il metallo diventa un diversificatore essenziale del rischio di portafoglio.
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Dimon “convertito”? Un passo cauto verso l’oro
Fino a poco tempo fa Jamie Dimon era noto tra gli scettici dell’oro. Eppure, oggi parla di una “conversione moderata”: nel corso di una conferenza a Washington ha affermato che, pur non essendo un acquirente attivo — “possedere oro costa il 4 %” — in queste condizioni di mercato diventa “semi-razionale” tenerne una parte. E ha rilanciato un’ipotesi audace: l’oro potrebbe arrivare a 5.000 o addirittura 10.000 USD per oncia.
“Non sono un compratore, ma in questo scenario ha senso averne un po’ nel portafoglio”, ha dichiarato. Tuttavia, ha anche avvertito che quasi tutti i valori sui mercati appaiono elevati in questo momento.
In passato, altri esponenti di JPMorgan erano già intervenuti sulla questione: ad agosto, David Kelly, stratega globale della divisione asset management, aveva suggerito di diversificare il portafoglio verso asset alternativi come l’oro, in previsione di inflazione stimolata dai tagli della Fed.
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Conclusione: oro protagonista ancora per quanto tempo?
L’oro oggi appare più forte che mai: supportato da una congiuntura internazionale turbolenta, dall’azione delle grandi banche centrali e dall’atteggiamento prudente ma realistico di figure come Dimon, il metallo prezioso sta ridefinendo il proprio ruolo nei portafogli globali.
Le proiezioni per fine 2025 e metà 2026 mostrano target ambiziosi — 4.400-4.600 USD/oz — ma resta da vedere se il rally potrà spingersi sino alle cifre estreme evocata da Dimon. Chi seguirà questo scenario dovrà restare attento alle mosse della Fed, all’evoluzione macroeconomica e alle oscillazioni geopolitiche.
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