Le sanzioni occidentali inflitte alla Russia non stanno tardando a manifestare i loro effetti sui listini internazionali finanziari. Su tutti, a preoccupare è la decisione di escludere (pur in maniera parziale e selettiva) le principali banche russe dal sistema SWIFT, attraverso cui vengono veicolati i pagamenti internazionali, con lo scopo evidente di creare delle difficoltà alla controparte moscovita, e congelare le riserve in valuta estera della Banca centrale. Riserve che ammontano – stando agli ultimi dati ufficiali – a oltre 600 miliardi di dollari, di cui una parte prevalente presso i Paesi del G10.

E così, i listini azionari europei aprono la giornata in calo. Milano cede il 3% a metà mattina con un grave peso incombente sulle banche: Unicredit è stata sospesa dopo aver perso una doppia cifra percentuale. Male anche le altre piazze finanziarie del vecchio Continente, con Francoforte che perde il 2,5%, Parigi il 3,1%, Londra l’1,5%. In controtendenza il titolo Leonardo, che muove in forte rialzo. Rimane prevedibilmente chiusa la Borsa di Mosca, in attesa delle decisioni della Banca centrale.

Per quanto concerne gli altri settori, tutto dipenderà dall’evoluzione dei negoziati in corso. Per il momento, l’escalation sembra fermarsi e la nuova minaccia nucleare ha determinato una volatilità delle materie prima dopo un venerdì relativamente calmo. Il petrolio sale alle stelle, così come le commodity alimentari. L’oro torna a svolgere il suo ruolo di safe haven.

Sul fronte valutario, il rublo perde il 30% nel mercato ufficiale di Mosca, dopo che la Banca centrale ha ritardato di tre ore le contrattazioni. Per un dollaro servono ora 106 rubli. E così, i media internazionali registrano file di russi ai bancomat per provare a ritirare valuta straniera, e la Banca centrale ha fornito indicazione ai broker di non soddisfare, temporaneamente, gli ordini di vendita dei titoli da parte degli stranieri a partire da oggi, e ha alzato il tasso di riferimento dal 9,5% al 20%.

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