austerityCiclicamente (soprattutto nei periodi più difficili!) si sente parlare di Austerity. Ma che cosa è l’Austerity? In che cosa consistono le politiche di austerità? E sono realmente efficaci?

Che cosa è l’Austerity

Esemplificando (molto!) il tema, possiamo cercare di sintetizzare e affermare che l’Austerity è un approccio metodologico che prevede l’adozione di una politica di bilancio restrittiva, da mettere in atto in condizioni prevalenti di difficoltà per poter cercare di riequilibrare le proprie finanze… prima che sia troppo tardi.

Tradizionalmente, le misure approntate in caso di Austerity si concretizzano in un contenimento della spesa pubblica, strette su pensioni, incremento della pressione fiscale e altre iniziative che hanno come finalità quella di ridurre il deficit pubblico.

Quanto è efficace l’Austerity

Sempre in termini molto esemplificativi, l’Austerity è una sorta di cura dimagrante per i propri bilanci. È insomma quel che si potrebbe ipotizzare di fare all’interno di una famiglia che ha speso tanto, e che continua a spendere più di quanto guadagna ogni mese: probabilmente prima di finire sul lastrico e terminare tutti i propri risparmi, si renderanno necessarie azioni come – ad esempio – la rinuncia ad alcune spese.

Ma è efficace la politica di austerità? In realtà, fornire una risposta a questo quesito non è affatto facile. Nonostante i numerosi sostenitori dell’Austerity, la realtà dimostra che questa politica economica messa in atto dai governi non permette di raggiungere i risultati auspicati, e non sia di grande ausilio per risolvere le crisi finanziarie.

In alcune ipotesi l’Austerity ha addirittura aggravato le crisi economiche e recessive, poiché ha alimentato un circolo vizioso deprimente. Insomma, mentre fino a non troppo tempo fa la politica di Austerity era considerata quasi infallibile per risolvere i mali di una nazione, oggi la situazione è ben più complessa, e la realtà dei fatti ha dimostrato che occorra andarci molto più cauti.

Austerity: ecco perché (forse) non serve

Ma perché le politiche di austerità sono divenute così complesse da prevedere, e così intricate nei loro effetti stimati? Per capirlo bisogna tornare un po’ indietro nel tempo, alla Grande depressione statunitense degli anni ‘30 dello scorso secolo, e al fatto che John Maynard Keynes, ritenuto uno dei “fondatori” della macroeconomia, abbia pianificato strategie finalizzate a favorire la ripresa degli Stati Uniti dopo la crisi del 1929.

Ebbene, tra i provvedimenti ritenuti più efficaci, vi era anche l’interruzione delle politiche di austerità, che secondo Keynes non sarebbero particolarmente utili per poter far ripartire l’economia (anzi). Ancora oggi, i neo keynesiani ritengono che la ripresa economica mediante l’austerità non sia facile, e sia ostacolata da numerosi fattori.

In particolare, i neo keynesiani ricordano come in un sistema economico in cui siano state realizzate troppe misure di austerità, i tagli alle spese e le maggiori imposte ha come effetto collaterale l’eccessivo risparmio di denaro da parte della collettività e, dunque, una minore liquidità generalmente presente all’interno del sistema economico, determinata anche dalla flessione dei consumi e delle spese.

Il ricorso alle politiche di Austerity

Nonostante da molte parti si cerchi di scongiurare l’eccessivo ricorso alle politiche di Austerity, ancora oggi queste iniziative sono frequentemente diffuse in tutto il mondo, e moltissimi governi adottano misure severe e rigorose in caso di crisi. Ma per quale motivo?

Secondo quanto dichiarano i sostenitori di questa politica economica, lo scopo non è solamente quello di cercare di ridurre le spese, quanto anche (o soprattutto?) dimostrare ai creditori internazionali e locali la solvibilità del sistema Paese, in grado di sostenere delle iniziative anche piuttosto dure e rigorose.

Dunque, è proprio la maggiore fiducia che i governi vogliono cercare di assorbire: una policy di innalzamento della pressione, stretta delle pensioni e tagli alle spese pubbliche, dovrebbe – almeno teoricamente – favorire la ripresa grazie alla maggiore fiducia indotta negli investitori, che potrebbero essere spinti più positivamente ad acquistare bond statali, e così via.

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