Il cambio euro dollaro sta rimanendo sotto pressione dopo la pubblicazione di dati positivi sul PIL degli Stati Uniti. E così, il cross EUR/USD viene scambiato sotto quota 1,1150, una barriera  che è stata infranta dopo che il prodotto interno lordo dell’economia nordamericana ha superato le aspettative degli analisti, con il + 2,1% che ha mandato evidentemente in archivio l’1,8% previsto dal mercato. L’euro, dal canto suo, ha subito le pressioni al ribasso dopo che la BCE ha aperto le porte a ulteriori stimoli.

Analisi tecnica cambio euro dollaro 29 luglio  – 2 agosto 2019

Per quanto concerne l’analisi tecnica, il cambio EUR/USD sta cercando di consolidarsi nell’attuale livello, con l’indice di forza relativa sopra quota 30, uscendo così dalle condizioni di ipervenduto e aprendo la porta a nuove flessioni nel breve periodo.

Per quanto attiene i principali indicatori, riteniamo che il primo supporto sia ora fissato a quota 1.1125, un punto basso piuttosto critico all’inizio della scorsa settimana. Il nuovo minimo di giovedì 2019 a quota 1,1101 è altresì un ulteriore supporto per questo cross, che potrebbe poi puntare a 1.1025 e a 1.0900, quali prossime linee di sostegno da tenere a mente, come nel 2017.

Di contro, qualora il cambio euro dollaro dovesse assumere un approccio rialzista, riteniamo che la prima resistenza attenda il cross a 1.1155 e, superata, una seconda resistenza a 1,1190. Nel caso di accelerazioni considerevoli, l’ulteriore resistenza sarà determinata a quota 1.1245.

Analisi fondamentale cambio euro dollaro 29 luglio –  2 agosto 2019

Passando all’analisi fondamentale, sottolineiamo fin da subito come le mosse e le dichiarazioni di Mario Draghi non siano riuscite a spingere il cross EUR/USD troppo in basso, anche se la coppia valutaria potrebbe subire un’altra deriva negativa in seguito alla metabolizzazione dei buoni dati macro statunitensi.

Ricordiamo in tale ambito che la Banca Centrale Europea ha lasciato invariate le sue politiche sui tassi, ma ha aperto la porta al taglio degli stessi e abbia anche annunciato di valutare il riavvio del programma di Quantitative Easing a settembre. Mario Draghi, Presidente della BCE, ha detto che le prospettive stanno diventando peggiori,, ma ha anche aggiunto che comunque bisogna guardare con ottimismo al futuro, dato che la situazione attuale è in continua crescita, evidenziando tra i punti di forza i continui aumenti salariali. Inoltre, ha rivelato che la decisione di aprire la porta un nuovo quantitive easing, interrotto a inizio anno, non è stata unanime e ha respinto i timori di una recessione economica. Queste parole hanno poi aiutato la ripresa della moneta comune dopo un primo passo indietro.

Nelle stesse dichiarazioni  Draghi ha poi alzato la sua retorica sulla necessità di un’azione governativa – la spesa per frenare una potenziale recessione. Ha fatto riferimento soprattutto alla Germania, il cui settore manifatturiero ha subito un crollo – e potrebbe trascinare l’intero continente verso il basso a causa delle catene di approvvigionamento che si innescano dall’economia di Berlino. Ad ogni modo, le sue parole sembrano essere cadute nel vuoto quando Olaf Sholz, ministro delle finanze tedesco, ha respinto la necessità di aprire i cordoni della borsa, rassicurando gli operatori sull’economia.

L’attenzione si sposta ora verso gli Stati Uniti. Di fatti, dopo che la polvere si è depositata nelle ore successive all’evento della BCE, la coppia EUR/USD ha ricominciato a scivolare verso il basso. Tale tendenza può essere attribuita all’imminente azione della BCE a dicembre e anche alla forza relativa del dollaro USA. Gli ordini di beni durevoli statunitensi hanno infatti superato le aspettative.

Le stime ottimistiche sui beni durevoli hanno dunque aumentato le aspettative per i dati del PIL del secondo trimestre degli Stati Uniti, nonostante un disavanzo della bilancia commerciale più ampio del previsto. Il calendario economico mostrava stime di un tasso di crescita dell’1,8%, ma la realtà ha potuto fare di meglio, con un PIL in sviluppo del 2,1%.

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