Il cambio euro dollaro sta negoziando intorno a quota 1,14, in un contesto di una straordinaria volatilità determinata dall’acuirsi dei timori sul coronavirus. E così, dopo aver sfiorato quota 1,15, il più alto dal gennaio 2019, appare sempre più evidente che i timori di una vera e propria recessione stiano pesando oltre modo sui mercati, generando il panico e una condizione di volatilità sempre più estrema. Il sentimento degli investitori dell’Eurozona Sentix è intanto sceso a -17,1 punti a marzo, il peggiore dal 2013.

Analisi tecnica

Sul grafico a quattro ore l’indice di forza relativa ha un valore superiore a 70, indicando condizioni di ipercomprato. Sebbene l’RSI implica una correzione, è anche vero che questi sono giorni evidentemente anormali, con l’EUR/USD scambiato al di sopra delle medie mobili semplici a 50, 100 e 200 giorni, e con il momentum è al rialzo.

Attualmente la prossima resistenza attende il cambio a 1,1450, il picco a marzo. Quindi, la resistenza è seguita da altre soglie a 1,1495, il massimo giornaliero, ma soprattutto da 1,1520, un picco a gennaio 2019. Quindi, a 1,1575 e 1,1620.

Di contro, un supporto attende a 1,1410, il massimo del giugno 2019, superato il quale le altre soglie di sostegno sono fissate a 1,1285, minimo testato a luglio, e da 1,1240, a dicembre, seguito da 1,1160, a gennaio 2020.

Analisi fondamentale

Quanto possono ancora scendere i rendimenti americani? Il crollo dei rendimenti dei titoli di debito statunitense pesa molto sul dollaro e spinge l’EUR/USD verso nuovi massimi – anche se una delle maggiori fonti di preoccupazione proviene dalla terza economia della zona euro, l’Italia.

I mercati obbligazionari stanno valutando una netta riduzione dei tassi d’interesse – 75 punti base – da parte della Federal Reserve nella riunione prevista per la prossima settimana. La scorsa settimana, in una sessione straordinaria, ricordiamo che la Fed ha già provveduto a tagliare i costi di finanziamento di 50 punti base. Il rendimento decennale di riferimento è sceso sotto lo 0,50% e l’intera curva dei rendimenti è scesa sotto l’1%.

Come detto, però, a incidere sull’euro è principalmente l’Italia. Il Paese ha decretato il blocco di vaste aree del nord del Paese, tra cui Milano, e il cuore industriale della nazione. In tutto, la vita di 16 milioni di persone – un quarto della popolazione – sta cambiando pesantemente, incidendo sui mercati.

L’Italia – la cui economia era già stagnante prima della crisi – è dunque in lizza per entrare in una recessione piuttosto profonda, e altri Paesi dell’Eurozona probabilmente seguiranno questa scia.

Ricordiamo che, ad aggravare il tutto, vi è anche il fatto che la Banca Centrale Europea non ha più molti margini di manovra. L’istituzione con sede a Francoforte si riunisce questa settimana e potrebbe annunciare un nuovo stimolo, ma il tasso di deposito della BCE è già pari a -0,50% e il suo sistema di acquisto di obbligazioni è di 20 miliardi di euro al mese, lasciando poco spazio per agire.

Evidentemente, gli investitori sono anche preoccupati per la diffusione della malattia negli Stati Uniti, dove la mancanza di kit di test per la malattia respiratoria fa temere un’epidemia diffusa.

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