Il fintech è una vera e propria industria in completa espansione, basti pensare ai numeri. Nel 2008 essa valeva 930 milioni di dollari, mentre nel 2014 il valore è salito a $12 miliardi. Ma che cos’è il fintech?

Una definizione univoca di fintech non è stata ancora trovata, ma tendenzialmente possiamo definirlo come un modo per migliorare i servizi finanziari grazie alle nuove tecnologie. La traduzione di fintech è “tecnofinanza” oppure “tecnologia finanziaria“, ma generalmente si utilizza il termine inglese.

Precisamente di cosa si tratta? In che modo può migliorare la qualità dei servizi finanziari, ma soprattutto entra in rotta di collisione con la finanza tradizionale?

Fintech
Fintech: cos’è e qual è il suo significato?

Fintech: di cosa parliamo?

Compreso il significato a grandi linee di fintech, possiamo ora parlare più nello specifico di cosa si tratta.

Molto probabilmente molti cittadini utilizzano o hanno a che fare con il fintech tutti i giorni, senza sapere che si tratti proprio di tecnofinanza. Un esempio sono infatti le criptovalute o i pagamenti elettronici. Ci aiuteremo nella spiegazione con una lista, nella quale sono presenti i principali settori che concernono la tecnofinanza.

  • Criptovalute. Come abbiamo anticipato le valute digitali fanno parte della galassia fintech, così come le ICO, ossia il processo di creazione di una criptovaluta. Tutta la tecnologia che sta alla base delle valute virtuali è infatti considerata tecnofinanza, compresa la blockchain.
  • La tecnologia DLT. Essa permette l’archiviazione di dati senza avere un registro centrale. Tali dati sono infatti pubblici su una rete di più computer.
  • Smart Contract. Essi sono spesso nominati quando si parla di Ethereum, ma possono non riguardare solamente le criptovalute. Questi sono infatti programmi che automaticamente consentono la creazione di contratti fra compratori e venditori. Sono chiamati anche “contratti intelligenti”, sebbene si preferisca la locuzione inglese.
  • L’insieme delle tecnologie riguardanti la sicurezza informatica, come la decentralizzazione dei dati e lo sviluppo di solidi sistemi antifrode.
  • Insurtech, parola composta da “insurance” e “technology”. Non è altro che il fintech applicato al sistema assicurativo con l’obiettivo di semplificarlo.
  • Regtech. Nacque per aiutare le aziende a conformarsi con le normative anti frode vigenti a partire dal 2008. Un esempio è la semplificazione e la digitalizzazione del  Know Your Customer (KYC), ossia tutti quei procedimenti delle banche e delle aziende atti a verificare l’identità dei propri clienti.
  • Servizi underbanked. Possibilità di offrire servizi simili a quelli bancari a soggetti che non hanno potuto accedere al servizio tradizionale bancario.
  • Crowdfunding. Raccolta fondi dal basso, ossia dai cittadini. Il crowdfunding è in totale espansione ed è un modo che hanno organizzazioni, soggetti individuali o società già avviate di ottenere finanziamenti, anche dietro ricompensa, interessi o ingressi nella società che sta raccogliendo denaro.

Questa lista potrebbe essere ancora più lunga. In sostanza tutto ciò che riguarda l’innovazione tecnologica applicata alla finanza può essere definita fintech. Per esempio lo sviluppo di sistemi di pagamento alternativo a quello bancario rientra nell’ambito della tecnofinanza.

Una società italiana che si sta concentrando sui pagamenti elettronici è Satispay, grazie alla quale si può pagare tramite un’app installata sullo smartphone senza l’utilizzo di contanti né di carte.

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Fintech: start-up e vecchie aziende

Fintech Italia
Fintech – tecnofinanza

La rivoluzione digitale a cui abbiamo assistitito negli ultimi anni e continuiamo ad assistere ha favorito lo sviluppo del fintech. Ad applicare la tecnofinanza sono spesso le start-up, ossia le nuove imprese che nascono. Se inizialmente per start-up si intendevano le nuove società che operavano nell’ambito tecnologico, oggi vengono definite start-up tutte le nuove imprese che sono in fase di organizzazione o di raccolta di capitali per trasformarsi definitivamente in un’azienda vera e propria.

Molte start-up sono nate grazie al fintech, sfruttando quindi la tecnologia per offrire nuovi servizi finanziari, come per esempio i pagamenti elettronici. In questo ambito famosissima nel mondo è PayPal, mentre recentemente in Italia si sta sviluppando Satispay.

Se da una parte è vero che a giovare del fintech sono le start-up è anche vero che molte aziende già avviate da tempo stanno effettuando una rivoluzione digitale al proprio interno, implementando quindi anche strumenti della tecnofinanza. Basti pensare per esempio alle app sviluppate dalla banche o dalle aziende; così come all’open banking, ovvero la costituzione da parte di imprese esterne di app e servizi usando i dati di una banca, da qui “open banking“.

Può il fintech entrare in rotta di collisione con la finanza tradizionale?

Fintech start-up

La rapida espansione del fintech potrebbe lasciar pensare a un conflitto con la finanza tradizionale e sotto certi aspetti è davvero così. Non è del tutto vero, però, che le due modalità non possano coesistere o che le nuove start-up spazzeranno via le aziende più datate dal mercato.

Così come avviene per ogni settore è molto importante per un’azienda aggiornarsi e non rimanere ancorati imprescindibilmente nei vecchi sistemi. Molte aziende e banche hanno deciso di adottare servizi fintech e quindi di appoggiare la rivoluzione digitale in atto.

Bisogna considerare che il fintech nasce per migliorare la qualità dei servizi per i clienti. È quindi nell’interesse delle aziende o delle banche investire nella tecnofinanza, proprio per venire incontro ai propri clienti.

Molte banche stanno infatti studiando la blockchain per capire come essa possa aiutare la qualità dei servizi dei propri clienti. Infatti molti credono che le potenzialità della blockchain siano grandi e indipendenti dal successo/insuccesso del bitcoin.

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