L’indice PMI, o Purchase Manager Index, è un indicatore particolarmente importante che è in grado di fornirci delle indicazioni sugli orientamenti dei manager dei vari settori dell’economia, come quelli appartenenti all’area della produzione, dei servizi e delle costruzioni. Rilasciato generalmente il primo giorno lavorativo di ogni mese successivo al mese di indagine, è determinato dalle analisi e dai sondaggi compiuti dall’Istituto per la Supply Management (ISM), un’organizzazione senza scopo di lucro con più di 40.000 membri, impegnata nelle consulenza alle attività di gestione e acquisto di approvvigionamenti.

Da cosa è composto il PMI

Il PMI è un indice composito composto da cinque “sottogruppi”, che normalmente corrispondono a rispettive indagini che comprendono i dati rilevati da più di 400 manager di acquisto che operano all’interno del Paese, e che vengono scelti per le loro caratteristiche di diversificazione geografica e settoriale. Ognuno di questi cinque sottoindicatori è a sua volta dotato di un elemento di ponderazione, nel seguente schema:

  • livello di produzione 0.25
  • nuovi ordini da parte dei clienti 0.30
  • tempi di consegna fornitori 0,15
  • rimanenze 0.10
  • livello di occupazione 0.20

Considerato che, per sua natura, l’indice rappresenta un sondaggio effettuato su un vasto campione di manager, i risultati di tale analisi vengono solitamente diffusi in maniera sintetica e semplificata. In altri termini, chi partecipa al sondaggio ha solamente tre opzioni di risposta, in relazione al periodo di riferimento: “meglio”, “uguale” o “peggiore” sono le tre risposte formulabili, in relazione alle domande sull’industria in cui operano.

Come viene calcolato l’indice

Una volta presa dimestichezza con quanto precede, risulta essere di maggiore facilità comprendere che in realtà il valore dell’indice viene calcolato attraverso un’ulteriore operazione matematica, usando la formula che segue:

PMI = (P1 * 1) + (P2 * 0,5) + (P3 * 0)

laddove

  • P1 è il numero percentuale di risposte che hanno segnalato un miglioramento,
  • P2 è il numero percentuale di risposte che non hanno riportato alcuna modifica delle condizioni,
  • P3 è il numero percentuale di risposte che hanno riportato condizioni peggiori.

Il valore PMI che deriva da tale indagine è misurato in una scala che va da 0 a 100. Se l’indice mostra un valore di 100 significa che il 100% degli intervistati ha riportato un miglioramento delle condizioni mentre se l’indice mostra un valore di 0, significa che il 100% degli intervistati ha riportato un deterioramento delle condizioni. Intuibilmente, se il 100% degli intervistati non ha visto cambiamenti nelle condizioni, l’indice mostrerà un dato finale pari a 50.

Da tale affermazione ne deriva altresì che 50 è la soglia “psicologica” per capire se le cose stanno migliorando o peggiorando. Un dato superiore a tale soglia è da intendersi positivamente (sebbene debba essere relazionato con altri dati e con quelli precedenti!) mentre un dato inferiore a tale soglia – a parità di altre condizioni – indica un dato poco confortante. Torneremo su questo aspetto nel prossimo paragrafo, ricordando – per il momento – che sebbene il nostro focus sia relativo all’indice PMI per gli Stati Uniti, indicatori simili vengono conteggiati anche per i Paesi della zona euro e per il Regno Unito.

Quali indicazioni trarre dal PMI?

Giunti a questo livello di analisi, possiamo finalmente domandarci in che modo gli operatori sono in grado di interpretare l’indice PMI.

Come abbiamo già anticipato, quando un analista fondamentale esamina un aggiornamento statistico sul PMI, il livello-chiave che prenderà in considerazione è il già ricordato livello di 50. Una lettura di 50 o superiore è considerata come un’indicazione che l’industria (settore) sta espandendo: nel caso in cui il settore manifatturiero si espande, anche l’intera economia dovrebbe risultare in espansione. Insomma, sotto questo profilo analitico il PMI è considerato anche come un indicatore che può fornire utili indizi per i livelli del prodotto interno lordo a livello nazionale nel prossimo futuro. E non è un caso che molti economisti adegueranno le proprie previsioni del PIL, dopo aver letto gli esiti del rapporto PMI.

Un’altra soglia che gli analisti guardano con particolare attenzione è 42. Se un PMI mostra una lettura superiore a 42 in maniera protratta nel tempo, infatti, l’indicatore fornirà un valore particolarmente indicativo per l’espansione economica. I diversi valori compresi tra 42 e 50 suggeriscono dunque quanto sia forte questa espansione: più è vicina a 50 e maggiore sarà l’incoraggiamento su questo fronte. Se la lettura PMI scende al di sotto di 42, significa che la recessione potrebbe essere all’orizzonte (ovviamente, l’indicatore dovrà essere analizzato unitamente ad altri valori di riferimento).

Un altro aspetto che occorre cercare di analizzare è anche il modo con cui l’indice PMI si sta evolvendo, mese dopo mese. Per certi versi, è proprio questo aspetto il fattore che determina maggiormente l’influenza sul mercato valutario: se infatti un report sul PMI dichiara un valore di 50,5 durante questo mese (e, dunque, manifesta un’attività settoriale in espansione, essendo superiore alla soglia di 50), ma un mese fa l’indicatore aveva raggiunto un valore di 55 punti, il trend non sarà inteso favorevolmente dagli operatori di mercato, che sottolineeranno come le prestazioni del PMI siano state decrescenti.

Insomma, anche in questo caso val la pena cercare di addentrarsi più in profondità nell’analisi del dato. Evitate dunque di fermarvi al dato di sintesi, e valutate con attenzione quali siano i risvolti dietro l’osservazione pubblicata.

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