L’offensiva di Mps su Mediobanca è appena cominciata, ma Luigi Lovaglio, amministratore delegato della banca senese, sembra già intenzionato a imprimere un nuovo corso alla governance. Il messaggio lanciato da Londra durante il roadshow internazionale è chiaro: nel nuovo assetto post-fusione non ci sarà spazio per l’attuale guida di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel.

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Lovaglio scarica Nagel e apre alla ricerca di un nuovo leader per Mediobanca

Nell’intervista rilasciata a Bloomberg TV, Lovaglio non ha usato giri di parole. Ha dichiarato apertamente l’intenzione di trovare un nuovo amministratore delegato per Mediobanca, sottolineando come Nagel non abbia mostrato alcun interesse per l’operazione in corso. “L’ho chiamato e non ho ricevuto risposta”, ha affermato, segno di una rottura ormai evidente tra i due manager. L’Ops, partita il 14 luglio, proseguirà fino all’8 settembre, ma la strategia di Mps va già oltre la semplice acquisizione: si punta a ridisegnare la catena di comando.

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Due nomi in pole per guidare il nuovo corso di Mediobanca

Pur senza citare direttamente dei candidati, Lovaglio ha tracciato l’identikit del futuro leader: una figura internazionale, brillante, capace di ispirare la squadra e attrarre nuovi talenti. Tuttavia, da ambienti vicini a Mps cominciano a filtrare i primi nomi. Secondo la Repubblica, tra i favoriti ci sarebbe Fabrizio Palermo, attuale CEO di Acea, ex numero uno della Cassa Depositi e Prestiti e membro del CdA di Generali in quota Caltagirone. Un nome pesante, considerata la presenza trasversale dell’imprenditore romano sia in Mps che in Mediobanca.

L’altro candidato accreditato è Mauro Micillo, oggi al timone di Imi Corporate & Investment Banking (gruppo Intesa Sanpaolo), con un profilo spiccatamente finanziario e una consolidata esperienza nel settore della merchant banking.

Non è solo il ruolo di amministratore delegato a essere in discussione: anche la presidenza potrebbe cambiare. Il nome di Vittorio Grilli, ex ministro del Tesoro e advisor di lungo corso del fronte Caltagirone-Del Vecchio attraverso JP Morgan (che affianca Mps nell’operazione), torna ad affacciarsi come possibile successore di Renato Pagliaro.

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Strategia di integrazione: i brand restano, ma il controllo passa da Siena

Lovaglio ha però rassicurato sul futuro del marchio Mediobanca, considerato un asset strategico. Ha dichiarato che l’identità della banca sarà preservata, così come quella di Compass e Mediobanca Premier. L’intento è costruire un gruppo che valorizzi i due marchi storici, unendo le eccellenze di Montepaschi e Piazzetta Cuccia.

Per quanto riguarda le quote, Lovaglio ha ribadito che l’obiettivo è superare il 66% del capitale di Mediobanca, soglia che garantirebbe il pieno controllo. Tuttavia, è stata indicata anche una soglia minima del 35%, definita una “pura tecnicalità” utile a ottenere un controllo di fatto. “Non vedo perché gli azionisti debbano tirarsi indietro: puntiamo convintamente oltre il 66%”, ha affermato.

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La replica di Mediobanca: “Altro che tecnicalità”

Dalla sede milanese non è tardata ad arrivare una risposta, seppur indiretta. Secondo fonti riportate da più testate, il riferimento al 35% non sarebbe affatto una formalità, ma il segnale di un tentativo di chiudere l’operazione a ogni costo. Una soglia troppo bassa, infatti, non garantirebbe il vero controllo di Mediobanca e comprometterebbe le sinergie annunciate, generando un impatto negativo fino a 665 milioni di euro. Senza una maggioranza qualificata, inoltre, sarebbero a rischio anche i vantaggi fiscali derivanti dalle DTA (Deferred Tax Assets).

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