In un contesto di forte difficoltà legato agli effetti del coronavirus, la scorsa settimana si è chiusa con un ribasso molto deciso per l’indice principale della Borsa di Milano, che ha ceduto il 3,58%. Complessivamente, la scorsa settimana è stata un periodo da dimenticare per le principali piazze finanziarie europee, con decine di miliardi di euro in fumo a causa del crollo delle capitalizzazioni. E ora che succederà? Quali sono le previsioni per la settimana?

Analisi tecnica FTSE MIB

Analizzando lo scenario del FTSE MIB non possiamo che evidenziare la presenza di un ulteriore allargamento della fase ribassista verso il test di supporto a quota 21.503,2 punti. Lo scenario centrale è quello di un ulteriore percorso al ribasso, che potrebbe dunque aprire le porte per un test al successivo supporto chiave, posto a 21.022,2 punti.

Di contro, se dovessero comparire delle buone notizie sull’epidemia in atto, è possibile che gli indici possano correggere verso l’alto e, dunque, sperimentare le resistenze poste a 22.946,2 punti e, successivamente, a 24.389,2 punti.

Le attese sono, tuttavia, per un prolungamento dell’indebolimento attuale, con un’ulteriore ondata di vendite sul mercato azionario italiano e internazionale in scia al coronavirus.

I conti con i costi del virus

Naturalmente, al di là degli aspetti sanitari e sociali dell’epidemia in atto, l’attenzione dei mercati si sta concentrano altresì sul tentativo di comprendere quali saranno gli effetti sull’economia e sulla finanza globale.

Un recente studio condotto dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli ha cercato di fare il punto sulla situazione, sostenendo innanzitutto come la portata dell’impatto economico dipenda dalle ipotesi di gravità del contagio. Una pandemia mite, come quella dell’influenza asiatica del 1957 o quella di Hong Kong del 1968/69 potrebbe nuocere al Pil mondiale in modo contenuto, pari a circa l’1%, mentre una pandemia “severa”, come quella spagnola del 1918/19, potrebbe determinare un calo del Pil anche nell’ordine del 5%.

In ogni caso, non mancano gli aspetti mediamente positivi. È utile infatti notare che gli effetti economici (negativi) stimati sono di breve periodo, e tendono a risolversi quasi completamente nell’arco di uno o due anni. Nel medio periodo dunque il Pil dovrebbe tornare a crescere in maniera simile a quella ottenibile in caso di assenza della pandemia, soprattutto se il conto con la perdita di vite umane non dovesse essere estremamente elevato.

Al di là di ciò, è evidente che gli analisti e gli investitori terranno in grandissima considerazione quel che avverrà sul breve termine, poiché gli shock sui consumatori e sulle imprese non mancheranno. Inoltre, è noto che l’effetto sul commercio internazionale è ben più forte di quello sul PIL, e dunque il danno economico è maggiore per i Paesi che più dipendono dagli scambi internazionali.

Ad essere più colpiti saranno soprattutto i mercati emergenti, che non solo hanno maggiore difficoltà nel contenere la diffusione del virus, ma anche perché i capitali tendono a spostarsi verso i Paesi avanzati, considerati più sicuri dagli investitori.

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