I certificates benchmark sono una tipologia di certificati molto semplice da comprendere, dato che la loro performance è legata direttamente a quella del sottostante. Dunque se quest’ultimo dovesse ottenere una prestazione positiva, allora l’avrà anche il certificato; in caso di prestazione negativa del sottostante anche il certificato subirà la stessa sorta.

Benchmark nel linguaggio della finanza non è altro che un parametro preso come riferimento per capire qual è la performance di un asset finanzario. Può essere indicato anche per esprimere un intero settore economico o il mercato nel suo insieme. Il benchmarking è invece un metodo utilizzato dalle imprese per potersi confrontare con le migliori del proprio settore. In questo caso il benchmark è l’azienda migliore ed è presa come riferimento dalle altre.

Sapere cosa significa questo termine può facilitare la comprensione dei certificates benchmark. Infatti un certificato prende come riferimento un sottostante finanziario, il quale sarà il suo benchmark. Le prestazioni del certificato saranno legate indissolubilmente a quelle del sottostante, che può essere un titolo azionario, un indice di borsa, una materia prima, una coppia di valute e così via.

I certificates benchmark fanno parte della famiglia dei certificati a capitale non protetto, ciò significa che non vi è protezione della somma investita in caso di prestazione negativa del sottostante. Non essendoci livelli di barriera, se la performance dovesse essere eccessivamente negativa vi è la possibilità di perdere l’intero capitale investito. D’altra parte non vi è limite nei guadagni, i quali possono essere tecnicamente illimitati.

La durata dei certificates benchmark varia dai 3 ai 5 anni, ma esistono anche certificati senza scadenza, chiamati Benchmark Open Certificates. Nel caso in cui un investitore dovesse sottoscrivere questa tipologia di certificati sceglierebbe autonomamente quando chiudere la posizione finanziaria e di conseguenza ritirare il profitto in caso di performance positiva o ricevere una cifra inferiore a quella investita in caso di performance negativa. Ricordiamo che sono possibili perdite anche fino al 100%, dunque in quel caso l’investitore non ritirerebbe nulla.

Altri nomi, spesso commerciali, dei certificates benchmark sono i seguenti: Reflex, 100% Certificates, Theme Certificates e Valuta Plus.

Certificates benchmark

Certificates benchmark: cosa sono e come funzionano?

In questo articolo vedremo come funzionano i certificates benchmark grazie anche a un esempio verosimile. Prima di spiegare il loro funzionamento è opportuno spiegare qual è la terminologia che andremo ad utilizzare per questa categoria di certificati.

Qualora siate interessati ad approfondire i certificates o avete dei dubbi su questo strumento finanziario derivato, vi invitiamo a leggere il nostro articolo che tratta proprio questo argomento >>> Cosa sono i certificates e come funzionano? [Guida alle tipologie]

Termini riguardanti i certificates benchmark

Come anticipato ora tratteremo i termini relativi ai certificates benchmark, cercando di essere più chiari possibili soprattutto per chi non mastica il linguaggio della finanza giornalmente.

  • Sottostante: è un termine molto ricorrente in economia e soprattutto negli strumenti finanziari derivati come i certificati, i CFD, gli ETF e i futures. Esso non è altro che un asset finanziario al quale è legato il certificato benchmark. Dunque per capire la performance del certificato basterà osservare la prestazione del sottostante.
  • Strike: valore iniziale del sottostante, ossia il prezzo di quest’ultimo nel momento in cui il certificato inizia la propria attività.
  • Multiplo: esso indica la quantità di sottostante contenuta nel certificato. Se per esempio il sottostante è un titolo azionario un multiplo pari a 100 indica cento azioni.
  • Scadenza: giorno in cui i certificates benchmark cessano la propria esistenza e si procede all’osservazione dell’andamento del sottostante. Ricordiamo che i Benchmark Open Certificates non hanno scadenza prefissata.

Benchmark certificates: esempio

Compresa la terminologia dei certificates benchmark possiamo ora passare a un esempio, che spiega il loro funzionamento. Ricordiamo che l’esempio non rispecchia i valori reali ed è utile al solo fine di comprensione dei benchmark certificates.

Un investitore sottoscrive con il proprio istituto bancario di fiducia il certificato benchmark che ha come sottostante il prezzo del gas naturale. La durata del certificato è di 4 anni e l’investimento è pari a 5.000 dollari. Al momento dell’emissione il prezzo del gas naturale è di 3$.

Dopo 4 anni il certificato si conclude e possiamo osservare due ipotesi:

  1. Il prezzo del gas naturale sale a 6$, dunque l’investitore ottiene un rendimento del 100% pari a 5.000$ oltre al rimborso del capitale investito.
  2. Il gas naturale si deprezza fino a 2$, quindi il sottostante ha registrato una performance negativa del 33,3%. La perdita complessiva da scalare dal capitale investito è pari a 1.665$.

Possiamo notare che la percentuale di guadagno o di perdita dipende esclusivamente dall’andamento del sottostante, che nel nostro esempio era il gas naturale. Nel caso delle materie prime è praticamente impossibile che la perdita sia pari al 100% (il gas naturale dovrebbe quotarsi a 0$), ma ciò potrebbe accadere per altri asset finanziari come per esempio le coppie di valute.

Sia dai profitti che dalle perdite è necessario sottrarre anche i premi da versare alla banca per mantenere aperta la posizione finanziaria. Questi dipendono da istituto bancario a istituto bancario ed è quindi impossibile per noi darvi un’indicazione in tal senso. Il nostro consiglio è quello di essere certi chiedendo più informazioni possibili alla vostra banca di fiducia o dove volete comunque sottoscrivere un certificato.

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