Purtroppo le nuove regole europee in materia di gestione delle crisi bancarie hanno creato non poca confusione tra i risparmiatori e gli addetti ai lavori.

Sono tanti ancora oggi coloro che ricercano informazioni in merito, vuoi perché non hanno bene compreso i reali rischi che corrono, vuoi perché le loro banche hanno omesso di enunciare loro i veri problemi legati alla crisi bancaria.

In breve attraverso questa guida, cercheremo di comprendere quali sono le banche a rischio bail ma sopratutto cercare di comprendere i rischi legati ai conti correnti e deposito bail in, come quelli della mps.

In questa guida cercheremo dunque di fare un po’ di chiarezza, definendo prima cosa si intender per Bail in e poi anche come difendersi dal bail in.

bail in

Bail-in

Cos’è il bail in? Definizione

Con il termine bail in ovvero salvataggio interno, definiamo quel processo atto alla svalutazione di azioni e crediti nonché la loro conversione in azioni al fine di assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà.

Come vedremo nel corso di questa guida, ma come già sappiamo, dal primo Gennaio 2015 è pienamente applicabile la Direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive).

Questa è stata recepita dal’Italia con il D.lgs. n. 180 e 181 del 16 novembre 2015.

Secondo quanto riportato dalla normativa, vi sono nuove regole volte a prevenire e gestire le crisi di banche e imprese di investimento. Queste introducono una serie di misure il cui scopo è essenzialmente quello di rendere più difficile e raro il manifestarsi di nuove crisi.

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Cos’è il bail-in

Allo stesso tempo, intendono gestire eventuali crisi utilizzando risorse private che sono presenti all’interno della banca stessa.

Il fine ultimo è quello di evitare che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti e sul deficit pubblico.

Se, nonostante tutto, il rafforzamento dell’attività preventiva di vigilanza dovesse manifestare la crisi di una banca, allora le Autorità di Risoluzione quindi la Banca d’Italia per il territorio Italiano, potranno avviare la procedura di Risoluzione che vi spiegheremo in seguito in cosa consiste, che potrebbe sfociare per ultimo nel Bail-in.

In breve con il Bail-in tutti gli azionisti ed i creditori della banca possono essere chiamati a contribuire con i propri fondi all’assorbimento delle perdite, secondo una precisa gerarchia, come spiegheremo in seguito in questo articolo.

Bail in e Bail out: differenze

Dal primo gennaio 2016 in Italia e nei paesi dell’Eurozona sono cambiate le norme di salvataggio delle banche in crisi.

Con l’adozione della normativa europea si passa dunque da un meccanismo di risanamento esterno definito come bail out il quale prevedeva un intervento diretto da parte dello Stato nel piano di salvataggio delle banche attraverso i soldi di tutti i contribuenti, ad un salvataggio interno definito bail in secondo cui i primi interessati sono gli investitori delle banche stesse.

Sono in breve questi a correre il rischio bail in maggiore, pagando di propria tasca il fallimento dell’istituto.

A differenza del bail out, il meccanismo del bail in indica un salvataggio con risorse interne alla banca stessa.

In questo modo, si procede al salvataggio con risorse interne.

In breve i primi a rischiare sono gli azionisti e poi man mano i detentori di obbligazioni, finanche i clienti di conto corrente, anche se unicamente quelli con maggiori disponibilità.

Maggiori dettagli li affronteremo nel corso di questa guida.

Come funziona il bail in?

bail-in

Come funziona il bail in

Il bail-in (salvataggio interno, da contrappore al bail-out, cioè il salvataggio esterno) viene visto come lo strumento utile al fine di consentire alle autorità di risoluzione di disporre, con ricorrenza delle condizioni di risoluzione, alla riduzione:

  • del valore delle azioni;
  • di alcuni crediti;
  • della conversione in azioni al fine di assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca.

Scopri di più nel video tutorial di seguito riportato.

Le nuove regole europee: direttiva bail in (Brrd)

bail entrata in vigore

Secondo quanto disposto dalla direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive), oggi si introducono all’interno di tutti i Paesi europei delle regole analoghe ala fine di gestire le crisi bancarie. Era il 1° gennaio 2015.

In merito al coinvolgimento dei privati nelle crisi bancarie (bail-in) bisognerà attendere un anno dopo.

Il 1° Gennaio 2016 è entrato in vigore in tutti i Paesi europei l’onere dei privati di contribuire al salvataggio del proprio istituto di credito (come abbiamo detto pocanzi).

In questo caso, anche la Brrd istituisce delle autorità di risoluzione che coincidono con le banche centrali nazionali.

Nel caso specifico Italiano, l’autorità di risoluzione come detto è la Banca d’Italia.

Sarà questa a detenere i poteri:

  • pianificare la gestione delle crisi;
  • intervenire per tempo;
  • gestire al meglio la fase di risoluzione.

Regolamenti: cosa rientra nel bail-in?

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In tutti questi anni, prima dell’approvazione ed entrata in vigore della direttiva Brrd le crisi bancarie in Europa venivano gestite con iniezione di fondi pubblici.

Solo in ultima istanza i contribuenti partecipavano al salvataggio della banca con il loro capitale.

Purtroppo, la Bce ha stimato che tra il 2008 e il 2014 i costi dei salvataggi a carico degli Stati europei sono stati di 800 miliardi.

In breve, un aumento del debito a livello europeo ha comportato un aumento del debito pubblico in molti Paesi (Italia compresa).

Da qui ne sono derivate dure misure di austerità. Queste si sono poste con l’obbiettivo di evitare che i bilanci pubblici esplodessero.

Infatti, esaminando i dati Eurostat, di qualche anno fa (2013), è possibile vedere come gli aiuti ai sistemi finanziari nazionali avevano fatto lievitare il debito pubblico.

Solo per fare alcuni esempi, si sono registrati:

  1. quasi 250 miliardi di euro di debito in Germania;
  2. 60 miliardi in Spagna;
  3. 50 in Irlanda e nei Paesi Bassi;
  4. poco più di 40 in Grecia.

L’Italia in questo caso ha fatto meglio di tutti gli altri paesi.

Durante la crisi aveva sostenuto di non aver bisogno di aiuti per il suo sistema bancario e che poteva limitare i sostegni al massimo.

Infatti così è stato e infatti il sostegno pubblico è stato molto limitato: circa 4 miliardi. Per altro ormai tutti rimborsati.

Ecco dunque che i contribuenti europei hanno pagato un conto molto salato in alcuni casi. Questo per il semplice fatto di salvare le banche.

Ecco dunque il perché la nascita della direttiva Brrd.

Il suo obbiettivo è quello di accollare tutti i costi delle crisi bancarie sugli investitori privati piuttosto che sui contribuenti.

Cosa cambia e come tutelarsi dal bail in?

Nel momento in cui una banca si sottopone a risoluzione, vuol dire avviare un processo di ristrutturazione interno. Questa mira a evitare interruzioni nei servizi essenziali come sono appunto:

  • depositi;
  • pagamenti.

Una valida alternativa al salvataggio e quindi all’applicazione della risoluzione è la liquidazione.

Attenzione:

E’ la Banca d’Italia che può imporre la risoluzione di una banca o meno.

Sarà essa ad avviare la risoluzione per la banca interessata nel momento in cui vi ricorrono 3 presupposti:

  1. la banca è in dissesto;
  2. si ritrova a rischio di dissesto, processo che avviene nel momento in cui ha azzerato o quasi il suo capitale;
  3. le misure inerenti all’aumento di capitale sono ritenute insufficienti a evitare il dissesto.

Nota che anche sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria potrebbe non essere sufficiente a salvaguardare la stabilità finanziaria del sistema e quindi a proteggere depositanti e clienti.

Quali sono gli strumenti di risoluzione di una banca?

Tutte le banche che sono attraversate da una crisi finanziaria , prima di mettere mano ai conti correnti degli investitori, possono richiedere consulenza alle autorità di risoluzione le quali potranno agire:

  • vendendo una parte delle attività a un acquirente privato;
  • trasferire temporaneamente le attività e le passività a un’entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità al fine di proseguire le funzioni più importanti, in vista di una vendita;
  • trasferire eventuali attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione;
  • in ultima battuta agiscono mettendo in atto il bail-in e quindi possono svalutare azioni e crediti degli investitori.

Solo in circostanze straordinarie è possibile l’intervento pubblico, ma sempre e solo se sono state esaurite tutte le possibili altre alternative.

In questo caso, è prevista la ripartizione dei costi inerenti alla crisi tra azionisti e creditori attraverso l’applicazione di un bail-in, pari all’8% del totale delle passività della banca.

Cosa rischiano i risparmiatori e come difendersi dal Bail in?

Purtroppo il bail-in segue una precisa gerarchia:

In primis rischia chi investe in strumenti finanziari più rischiosi. Questi sono coloro che si accollano le perdite maggiori e prima degli altri.

In ordine gerarchico abbiamo:

  1. gli azionisti della banca in crisi e sono questi a pagare per primi;
  2. detentori di obbligazioni subordinate;
  3. creditori chirografari ovvero soggetti che sono privi di garanzie, come i detentori di obbligazioni senior;
  4. persone fisiche e piccole e medie imprese che sono titolari di conti correnti presso quell’istituto di credito con importo superiore a 100.000 euro;
  5. Fondo interbancario di garanzia dei depositi, il quale contribuisce al bail-in al posto dei depositanti al di sotto dei 100.000 euro, che è protetto dallo stesso Fondo.

In sostanza tutti coloro che sono coinvolti nelle operazioni di queste banche devono fare estrema attenzione ai rischi di alcune tipologie di investimento.

Molta attenzione devono prestarla i soggetti che detengono obbligazioni subordinate, ovvero categoria di bond che viene rimborsata per ultima in caso di default dell’emittente.

Nota bene

Secondo quanto disposto dai fogli informativi su questi strumenti finanziari, tutti i sottoscrittori saranno rimborsati solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri creditori non subordinati.

Dunque per fare un esempio, i bond subordinati sono quelli venduti da:

  • Banca Etruria;
  • Banca Marche;
  • Cassa di risparmio di Ferrara;
  • Cassa di risparmio di Chieti.

Cosa rischiano i depositanti in caso di Bail-in?

Come detto pocanzi, sono coinvolti solo i depositi superiori a 100.000 euro.

In questo caso, tutti gli altri soggetti che detengono un saldo inferiore a tale cifra, sono protetti dal Fondo di garanzia dei depositi,  quindi esclusi dal bail-in.

Si ricorda anche che i depositi oltre i 100.000 euro non vengono automaticamente coinvolti nel bail-in.

Avviene solo nel caso che il contributo richiesto a chi possiede strumenti più rischiosi come abbiamo visto non sia sufficiente al risanamento della banca.

La Banca d’Italia può a sua volta prendere l’iniziativa di decidere di escludere altre categorie di strumenti, secondo una valutazione che deve essere fatta caso per caso e il cui obbiettivo è quello di preservare la stabilità finanziaria ed evitare il rischio di contagio.

Rientrano in questa protezione anche tutti i soggetti che detengono somme su:

  • conto corrente;
  • libretto di deposito;
  • certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia;

Non sono invece soggetti a queste normative tutti i soggetti che detengono altre forme di impiego del risparmio come ad esempio le obbligazioni.

Cosa può fare il correntista per difendersi?

bail soggetti coinvolti

Purtroppo il bai-in non riguarda solo chi investe sui titoli bancari, a prescindere che si tratti di titoli azionari o titoli obbligazionari.

Ecco duque perché è importante capire cos’è il bail in, chi rischia e perché è stato introdotto. 

Esso riguarda tutti i correntisti che prima di aprire un conto devono informarsi sullo stato di salute della banca.

Per fortuna e per il momento, la maggior parte dei correntisti italiani non deve temere il bail-in, per le seguenti ragioni:

  1. La stragrande maggioranza dei correntisti italiani possiedono piccoli importi sul conto corrente o conto deposito;
  2. Come detto sono soggetti a rischio i conti deposito e conti correnti per la somma eccedente i 100.000 €;
  3. Deve considerare e tenere presente che bail-in e prelievo forzoso sono 2 cose distinte.

Bail in MPS: chi rischa? Come ridurre il rischio bail-in?

Per tutte le imprese o per i singoli privati che dispongono di liquidità superiore al limite di garanzia, devono poter dividere la loro liquidità su più conti correnti ma in banche diverse.

Solo questo garantisce la riduzione del rischio.

Dall’altro lato però tutto questo provoca un aumento di costi e di bolli; purtroppo però al momento sembra sia l’unica soluzione al fine di evita di rimanere incastrati nel bail-in nel caso in cui la banca vada in difficoltà.

Molto importante è anche evitare di investire nelle banche commissariate.

Conti deposito e bail-in

Lo stesso discorso vale per chi investe nei conti deposito.

Anche per questi, si deve fare molta attenzione perché soggetti al bail in e sono coperti dal Fondo Interbancario fino a 100.000 euro.

Come avrai notato, vi abbiamo dedicato un paragrafo completo a questo rischio.

Il nostro consiglio è quello di evitare le banche in difficoltà, le quali al fine di raccogliere denaro dovranno offrire un tasso superiore alla media.

Meglio dunque dividere la propria liquidità su più conti deposito.

I titoli di stato rientrano nel bail in?

Nel caso di correntisti che detengono un capitale pari a 120.000 € in un conto corrente, e la banca si ritrova ad essere coinvolta in una procedura di risoluzione, allora in questo caso non si rischiano tutti i 120.000 e ma solo la parte eccedente i 100.000 € ovvero solo 20.000 euro.

Nel caso in cui si tratta invece di investimenti in:

  • BoT;
  • BTp;
  • Fondi;
  • Azioni, ecc;

Si deve tenere presente che non sono investimenti a rischio, poiché il correntista li gestisce attraverso il deposito titoli della banca in questione. Quindi anche i titoli di stato non sono oggetto di rischio.

Quali passività delle banche e strumenti finanziari sono esclusi dal bail-in?

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Si deve tenere presente anche che non possono essere né svalutati né convertiti in capitale:

  1. le passività garantite, che includono i covered bond o altri strumenti garantiti;
  2. cassette di sicurezza;
  3. titoli detenuti in un conto apposito.
  4. debiti verso i dipendenti, commerciali e fiscali;
  5. depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi (ovvero per importo fino a 100.000 € a banca per ogni singolo depositante o fino a 200.000 € se il conto è cointestato;
  6. disponibilità custodite presso la banca come contenuto delle cassette di sicurezza;
  7. investimenti in fondi, Sicav e prodotti finanziari-assicurativi

Cosa cambia e come tutelarsi dal Bail-in e dal decreto salva-banche?

E’ definito come “decreto salva banche” il provvedimento varato dal governo e che prevede la gestione ed il salvataggio delle banche.

Tale venne emanato inizialmente al fine di salvare 4 banche in difficoltà:

  • Banca Marche;
  • CariChieti;
  • Banca Etruria;
  • CariFerrara.

Si deve tenere ben presente che tale decreto è stato emanato prima ancora che venisse introdotto il bail-in con il fine di evitare il coinvolgimento delle categorie più deboli:

  • obbligazionisti senior;
  • correntisti.

Il salvataggio di queste banche all’epoca fu possibile perché venne istituito un fondo di risoluzione pari a 3,6 miliardi di euro. A questo fondo hanno partecipato attivante con propri capitali  l’intero sistema bancario Italiano.

Il bail in prevede l’impiego di soldi pubblici?

Sembra di no, anche perché l’intervento é finanziato in gran parte dalle banche “sane”. Altrimenti si parlerebbe di Bail out!

Il prestito garantito dal fondo di risoluzione dovrebbe però essere rimborsato una volta che la parte buona “good bank” e cattiva “bad bank” dei quattro istituti salvati sarà ceduta sul mercato.

Al momento è stato confermato che i decreti salva banche non prevedono l’immissione di capitali di soldi pubblici.

Chi contribuisce al salvataggio delle banche con il bail in?

Il piano salva banche si pone l’obbiettivo di evitare il coinvolgimento delle categorie più deboli di creditori.

Ma nella realtà la maggior parte dei soggetti, clienti (aziende e risparmiatori) si è trovata suo malgrado a “salvare” la banca.

In breve si tratta di azionisti e di titolari di obbligazioni di grado inferiore al senior.

Bail in: come valutare la propria banca?

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Oggi, vi sono diversi parametri al fine di la solidità delle banche e capire se questa è a rischio bail in come è successo per la mps.

L’intento è quello di comprendere quali sono le manche a rischio al fine anche di salvaguardare i conti deposito dal bail in e quindi capire anche come difendersi.

Al fine di difendersi dal Bail in è importante prendere in considerazione:

  • rapporto patrimoniale CET1 (Common Equity Tier 1 CET 1) della propria banca;
  • rating delle agenzie specializzate;
  • valore dei CDS (Credit Default Swap).

IL RAPPORTO PATRIMONIALE CET1

Il CET 1 (Common Equity Tier 1) è definito come quel parametro utile al fine di misurare la solidità di una banca.

Il risultato si ottiene dal rapporto tra:

  1. patrimonio di migliore qualità comprendente capitale e riserve;
  2. numero totale di attività ponderate per il rischio (che rappresentano il valore di prestiti concessi e ogni altra attività, le quali sono valutate in base alla qualità creditizia, ovvero possibilità che la banca rientri o meno dell’importo impegnato.

Maggiore è il valore del CET 1, maggiore sarà la solidità della banca.

Questo valore, mostra come fare a costruire una banca solida. Per far questo vi sono diversi elementi:

  • dotazione di capitale;
  • avere una gestione attenta ed efficace dei rischi assunti.

Questo valore è fortemente influenzato dal numero di prestiti e mutui.

Ecco dunque perché a fine di comprendere se una banca è a rischio bail in o meno è indispensabile conoscere il CET 1 anche se da solo non può dare un’indicazione esaustiva dalla solidità della banca.

Questo deve essere considerato insieme ad altri parametri come ad esempio il rating delle società specializzate e il valore dei CDS.

IL RATING DELLE SOCIETÀ INTERNAZIONALI

Sappiamo bene che il rating è un giudizio espresso da parte dell’agenzie internazionali e indipendenti sulle capacità di una società o di una banca di pagare o meno i propri debiti.

In particolare, l’agenzia di rating valuta la solvibilità di una società che emette obbligazioni.

Ovviamente vi sono diverse scale di valutazione, in base all’agenzia che emette il giudizio. Tra queste ricordiamo:

  • Moody’s;
  • Standard & Poor’sM;
  • Fitch.

La scala di valutazione varia da tripla A (massima affidabilità) alla D (default, insolvenza) ed è un importante parametro per valutare la solidità di una banca.

COME SI RICONOSCE UNA BANCA SICURA?

Molto spesso ci si fida della banca sbagliata. La si sceglie in base a delle caratteristiche superflue e non si bada alla sua solidità.

Oggi, scegliere una banca solida e sicura i cui conti correnti non sono a rischio bail in è fondamentale.

Per far questo devi valutare l’affidabilità delle banche italiane (ma non solo) e investire in modo sicuro e redditizio. Quindi devi prendere in considerazione alcuni parametri:

  1. redditività: derivante da un bilancio positivo, il quale garantisce:
    1. stabilità della banca;
    2. capacità di fronteggiare eventuali perdite inattese;
  2. qualità degli impieghi: nota caratteristica per essere inversamente proporzionale a:
    1. quantità del credito deteriorato;
    2. quantità totale dei crediti;
  3. solidità: espresso da un capitale alto che indica una maggiore capacità di erogare credito, ma anche una maggiore sicurezza per chi deposita.

In conclusione, ti consigliamo di scegliere una banca solida, valutando diversi parametri come:

  • CET 1;
  • Rating;
  • CDS.

Questi 3 punti sono fondamentali al fine di tutelare i propri risparmi.

Bail in: dove investire senza rischiare?

Oggi, vi sono diversi metodi per investire senza rischiare il bail in.

Se un tempo le banche erano i luoghi sicuri dove alcuni soggetti detenevano il loro valore, oggi non è più così.

Noi abbiamo riportato all’interno della nostra sezione “investire oggi consigli” una serie di consigli e di approfondimenti in merito ai possibili investimenti sicuri.

Per quel che ci riguarda, un ottimo modo per aumentare il vostro capitale non è depositarlo in conti correnti o in conti depositi, ma farlo fruttare con il trading online.

Il trading online anche se pericoloso, perché potrebbe mettere a rischio il tuo intero capitale, è uno dei sistemi maggiormente utilizzato in quanto offre delle ottime possibilità di guadagno.

Ovviamente tutto dipende da te. Sei tu a scegliere dove e come investire. Sei tu che decidi i soldi da investire.

Noi ti consigliamo di iniziare con un conto demo gratuito, il quale ti permette di investire senza spendere soldi. Questo è molto utile sia per comprendere come funziona il trading online ma anche per capire quale strategia mettere in pratica.

Vi sono poi le piattaforme di trading online da noi consigliate che sono tutte regolamentate ed autorizzate e queste garantiscono il capitale investito. Infatti tutti i vostri soldi sono detenuti in conti separati da quelli del broker e in questo caso, protetti da un fondo di garanzia.

Infine, scegliendo questi broker, scegli di iniziare un percorso nuovo di investimento, un percorso di formazione professionale offerto dal broker.

Diverso è invece il caso in cui vuoi ottenere dei profitti nel lungo termine maggiormente garantiti ma che offrono un payot minore e irrisorio rispetto ad altri tipi di investimento. Ovviamente tutto dipende da te e dalla tua propensione al rischio.

Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento. Non offriamo alcun tipo di consulenza finanziaria. L’articolo ha uno scopo soltanto informativo e alcuni contenuti sono Comunicati Stampa scritti direttamente dai nostri Clienti.
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