Negli ultimi anni si è parlato molto della tassazione Bitcoin e dichiarazione dei redditi per guadagni su criptovalute. In particolar modo se è necessario dichiarare il possesso della criptovaluta al Fisco e in quali entità.
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Trattandosi di un fenomeno totalmente nuovo e non rappresentabile nella normativa italiana, era necessaria una nota specifica dell’Agenzia delle Entrate, che aveva già espresso il suo parere nel 2016, la quale risultava però in contrasto con una sentenza della Corte Europea.
Tassazione Bitcoin: cosa si deve dichiarare?
Quali sono le novità sulla tassazione Bitcoin? Quale fu il parere dell’Agenzia delle Entrate nel 2016? Chi è esentasse dalla nuova disposizione e come si dichiarano i profitti derivanti dal trading sul bitcoin?
Tassazione Bitcoin: come funziona?
La novità in tema di tassazione Bitcoin arriva dalla Direzione Regionale della Lombardia dell’Agenzia delle Entrate, che ha pubblicato un documento ufficiale in risposta alle domande di un contribuente.
La criptovaluta viene definita una moneta estera e quindi rientra nella normativa vigente sulle valute straniere.
La legislazione in merito impone al cittadino di pagare il 26% sulle plusvalenze dovute al trading valutario. Dunque la tassazione bitcoin sarà di questa entità in quanto è considerata a tutti gli effetti una valuta estera dall’Istituto.
Tassazione criptovalute: come funziona?
Per plusvalenza si intende il profitto dovuto a una compravendita. Per fare un esempio se dovessi comprare bitcoin a 9.000€ e poi li rivendessi a 9.200€, la differenza positiva fra questi due importi è la plusvalenza.
Al contrario la minusvalenza non è altro che la differenza negativa, che si verificherebbe se rivendessi i bitcoin a un valore inferiore rispetto a quello di acquisto.
Così come le plusvalenze ottenute dal trading sulle valute estere, anche i profitti derivati dai bitcoin vanno dichiarati nel quadro RW del Modello Unico PF.
La tassazione vale sia per le imprese che per i privati cittadini. Le aziende che hanno accettato il pagamento in bitcoin dovranno trattarlo come se fosse una valuta estera, proprio come i dollari, le sterline e così via.
Tassazione Bitcoin: quali sono i limiti?
La tassazione bitcoin ha dei determinati limiti sui cittadini privati. Infatti devono pagare le tasse sulle plusvalenze della criptovaluta solo coloro che detengono nei propri wallet più di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi.
Considerando il cambio BTC/EUR molto volatile e quindi molto variabile, bisogna tenere conto solo del valore all’inizio del periodo considerato. Altra indicazione arriva su quale tasso di cambio prendere in considerazione.
Infatti gli exchange di criptovaluta sono privati e non tutti hanno un eguale tasso di cambio. Dovrà essere considerato solo quello dell’exchange dove il cittadino contribuente ha convertito i propri euro in bitcoin.
Bitcoin Agenzia delle Entrate
Il provvedimento consente quindi al piccolo investitore di poter fare trading sul bitcoin esentasse, sebbene per Legge sia tenuto in ogni caso a dichiarare la quantità di BTC posseduta nei propri wallet.
La giacenza di Bitcoin non è invece tassabile, su questo tema l’Agenzia delle Entrata è stata chiara. Ad essere tassate sono solo le rendite finanziarie, chiamate anche capital gain, così come avviene per le valute straniere tradizionali.
La precedente disposizione dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate era intervenuta sulla tassazione Bitcoin il 2 settembre 2016 con la risoluzione numero 72E, dichiarando che il Bitcoin doveva essere ritenuta una valuta, o meglio una criptovaluta. Di seguito le parole esatte del parere dell’Istituto:
utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria
Il testo della risoluzione parlava espressamente di società e non di persona fisica. In questo contesto l’Agenzia delle Entrate ha quindi definito il bitcoin una valuta e le aziende avrebbero dovuto tenere conto del capital gain ottenuto anche grazie alla criptovaluta.
Tassazione Bitcoin: come funziona?
Questa disposizione aveva lasciato più di un dubbio perché non rispondeva a quesiti fondamentali. Le persone fisiche sarebbero state esenti dalla tassazione bitcoin? La criptovaluta doveva essere considerata una valuta estera e quindi soggetta all’imposta sulle rendite finanziarie pari al 26%?
Queste risposte hanno finalmente trovato risposta, sebbene sul concetto di “moneta estera” sorgono ancora punti interrogativi. La risoluzione del 2016 parlava a ragione di moneta “virtuale”, quindi presente solo sul web e non fisicamente.
Come può essere definita “estera” una moneta che ha luogo oltre i confini nazionali?
In ogni caso l’ultima disposizione dell’Istituto è chiara e bisogna attenersi a quel testo.
La sentenza della Corte Europea
La disposizione del 2016 e quella odierna in merito alla tassazione bitcoin sono in netto contrasto con una sentenza della Corte Europea.
Precisamente la Sentenza C-264/14 andava infatti in controtendenza rispetto alla decisione corrente dell’Agenzia delle Entrate. Secondo la Corte infatti il bitcoin non è una valuta, ma un mezzo di pagamento.
Di seguito un estratto della sentenza:
La popolarità del Bitcoin
Le domande sulla tassazione Bitcoin sono aumentate al termine del 2017 proprio durante l’exploit della criptovaluta. Il Bitcoin divenne popolare tanto che il Chicago Board Options Exchange (CBOE) e il CME hanno lanciato i futures sulla moneta virtuale.
Fare trading sul Bitcoin, anche attraverso i CFD, era diventato (ma lo è ancora) un’attività molto comune per gli investitori di tutto il mondo.
Bitcoin tasse
Moltissimi broker hanno implementato il trading CFD sulle criptovalute, mentre IQ Option ha anche creato un exchange per trasformare le proprie monete tradizionali in criptovalute e detenerle nei wallet proprio sulla piattaforma del broker.
Dopo aver sfiorato il valore di 20.000$ a fine 2017 il Bitcoin ha subito un notevole calo che lo ha portato a quota 3.500$, ma in seguito si è ripreso andando poco sotto i 10.000 dollari nel 2019.
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